In Italia una coppia su cinque (il 20%) ha difficoltà a procreare per vie naturali
In Italia una coppia su cinque (il 20%) ha difficoltà a procreare per vie naturali, ma solo 20 anni fa la percentuale era circa la metà. Un aumento dell’infertilità, quello registrato dagli esperti, dovuto a vari fattori tra i quali un peso rilevante hanno anche i cattivi stili di vita ed una mancanza di conoscenze su tale argomento.
E’ questo uno dei dati evidenziati dal tavolo consultivo istituito sulla materia dal ministero della Salute e che ha portato all’elaborazione del Piano nazionale per la fertilità presentato dal ministro Beatrice Lorenzin. Circa il 40% delle cause di infertilità, sottolineano gli specialisti, riguarda la componente femminile, l’altro 40% la componente maschile ed un 20% è invece di natura mista. Quanto alle cause, un peso ha anche l’età della coppia: negli ultimi 30 anni l’età media al concepimento in ambo i sessi è infatti aumentata di quasi 10 anni, sia per l’uomo che per la donna, ma l’età femminile gioca un ruolo fondamentale sulla capacità riproduttiva.
Le giovani donne, affermano gli esperti, devono sapere che la ‘finestra fertile’ femminile è limitata e che la qualità degli ovociti si riduce al crescere dell’età particolarmente dopo i 35 anni, quando concepire un bambino diventa progressivamente sempre più difficile. Dito puntato, poi, anche contro fumo e stili di vita: tra i fattori tossici che possono essere associati ad un deterioramento della fertilità, il più diffuso e più discusso è infatti il fumo di tabacco, che riduce la fertilità ed aumenta il tempo necessario per ottenere la gravidanza. E’ stato inoltre dimostrato come la copresenza di ‘cattive abitudini’come appunto fumo, maggiore sedentarietà e consumo di alcool e rischio di obesità sia sufficiente ad abbattere le chance di gravidanza spontanea in un anno dall’83 al 38%.
Bassa coscienza del problema infertilità
Altro fattore che peggiora la possibilità di risoluzione della infertilità è però anche la bassa coscienza del problema da parte delle stesse coppie infertili, che si riflette nella bassa richiesta di aiuto medico. Da una revisione di ricerche internazionali risulta che la percentuale di coppie infertili che chiede aiuto medico è in media del 56.1% nei paesi sviluppati, e soltanto il 22.4% viene curato. Anche in Italia sembra che la situazione sia simile.
Un insieme di fattori spiega dunque perchè il fenomeno dell’infertilità sia in crescita, creando un vero e proprio ‘allarme denatalità’ nel nostro Paese: l’Istat ha stimato nel 2013 circa 64.000 bambini nati in meno e il valore di 1,39 figli per donna, sempre nel 2013, colloca l’Italia tra gli Stati europei con i più bassi livelli. La combinazione tra la persistente denatalità ed il progressivo aumento della longevità conducono a stimare che, nel 2050, la popolazione inattiva sarà in misura pari all’84% di quella attiva, ed il carico sociale ed economico della popolazione inattiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni) si stima si incrementerà nel prossimo quarantennio del 55%.
In Australia si sono allestiti cartelli informativi nei bus che indicano il calare dell’età fertile per la donna, mentre in Danimarca uno spot molto più esplicito invita a fare l’amore per dare un figlio in più al Paese. Il problema delle ‘culle vuote’, con un indice di denatalità allarmante, accomuna ormai molti Paesi europei e non che, in diversi modi, stanno correndo ai ripari. L’Italia lo fa mettendo in campo un Piano nazionale per la fertilità, presentato oggi dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che parte da due dati preoccupanti: il 20% delle coppie ha oggi problemi a procreare, mentre aumentano soprattutto tra i giovanissimi le malattie a trasmissione sessuale, che sono appunto tra le prime cause di infertilità.
Uno scenario critico
Bastano pochi numeri a tracciare uno scenario che si prospetta critico: la bassa soglia di sostituzione nella popolazione non consente di fornire un ricambio generazionale, e il valore di 1,39 figli per donna, nel 2013, colloca il nostro Paese tra gli stati europei con i più bassi livelli. Tanto che, sempre nel 2013, l’Istat ha stimato circa 64 mila bambini nati in meno negli ultimi 5 anni. Tutto ciò, avvertono gli esperti, mette a serio rischio il nostro sistema sociale di Welfare.
Dunque, ha osservato Lorenzin, ”la denatalità non è solo un problema individuale, ma che riguarda l’intero sistema sociale”. E la situazione appare ancora più grave alla luce dei dati sull’infertilità, fenomeno che colpisce il 20% delle coppie, mentre solo 20 anni fa tale percentuale era pari alla metà. Tante le possibili cause: dalle malattie, rilevano gli esperti del tavolo sul tema istituito dal ministero, all’aumento dell’età per il primo figlio (mentre proprio l’età, sia delle donne che dell’uomo, gioca un ruolo fondamentale sulla capacità riproduttiva) agli stili di vita, considerando che fumo, alcol e sedentarietà possono deteriorare le fertilità. E poi ci sono le malattie sessualmente trasmesse – come Hiv, papillomavirus, sifilide, clamidia – che, ha avvertito Lorenzin, ”sono in allarmante aumento tra i giovani e rappresentano alcune delle principali cause di infertilità”. Patologie queste che possono però essere prevenute, ma ancora troppe persone non lo sanno a partire, appunto, dai giovani. da qui il Piano nazionale, che punta anche a realizzare campagne informative ad hoc per i giovani sia attraverso i social network sia definendo accordi di collaborazione con il ministero dell’Istruzione. Il Piano prevede pure la creazione di Unità ad hoc negli ospedali per favorire ed assistere le coppie che vogliono un figlio ed hanno problemi di fertilità, includendo anche un percorso per i pazienti oncologici, e verrà istituita una Giornata nazionale per la fertilità, il Fertility Day, a partire dal 7 maggio 2016.
Il piano della Lorenzin sulla denatalità
Questo Piano, ha chiarito il ministro, ”è un punto di partenza strategico; non è un Piano moralistico che invita a fare figli, ma un insieme di azioni volte a informare i cittadini affinchè siano in grado di fare le proprie scelte in modo consapevole. Ciò a cui si punta è un rinnovamento culturale in tema di procreazione”. Si tratta certamente di ”obiettivi ambiziosi – ammette Lorenzin – ma alla portata di un Sistema sanitario di eccellenza come il nostro”.