Maleducazione in ospedali Gb, boom lamentele contro medici e infermiere
Infermiere che ridono in faccia ai pazienti, medici che ‘snobbano’ familiari preoccupati e dirigenti convinti che le buone maniere siano “un lusso che non ci possiamo permettere”. Un’indagine britannica mette in luce un problema del servizio sanitario inglese: le cattive maniere degli operatori. In particolare, il 49% delle lamentele dei pazienti riguarda i medici, il 29% le infermiere, il 6% gli amministrativi e il 2% le ostetriche. Non c’è da stupirsi che, negli ultimi anni, si siano impennate le proteste dei cittadini contro gli operatori sanitari. Sulla base delle proteste dei pazienti, è stato possibile stilare la classifica degli ospedali peggiori del Paese nel 2010. Una lista guidata dalla Leicester Royal Infirmary, come si legge sul ‘Daily Mail’, che ha realizzato la ricerca. Solo una settimana fa il General Medical Council aveva rivelato che le lamentale contro i medici erano aumentate del 40% negli ultimi tre anni, con oltre la metà delle segnalazioni relative ad abusi verbali e maleducazione. Ora l’indagine, condotta dal quotidiano britannico utilizzando le segnalazioni inviate alle apposite commissioni da parte dei pazienti (relative a 500 ospedali) sull’atteggiamento dello staff, rivela una preoccupante carenza di comprensione e umanità, specialmente fra i medici. Mentre attenzione e gentilezza, evidenziano gli autori, sono importanti per i pazienti proprio come il fatto di ricevere medicinali o cure d’avanguardia.Molti ospedali hanno anche fornito i dettagli dei reclami. Fra gli esempi: la vicenda di un medico al telefono nel corso di una consultazione; quella di un paziente cui è stato detto di ‘tacere’ dal personale di notte; un operatore che si è messo a ridere in faccia a un malato che gridava di dolore, e così via.

Nota personale: se indagini di tale genere venissero fatti negli opsedali del sud i risultati, lo sappiamo, sarebbero decisamente peggiori! Il malessere generale si ripercuote spesso in ambito lavorativo, anche se non dovrebbe essere così, ma è umano che lo sia. Inserire in liste di attesa pazienti con attese spesso di oltre sei mesi è pura follia e le pressioni che tutto questo determina sugli operatori sanitari che, loro malgrado, non possono gestire situazioni di non competenza specifica, è difficile da far comprendere.

Una soluzione? La diversificazione per patologie meno “impegnative” da un punto di vista della vita del paziente, ma ugualmente importanti (per esempio un intervento per patologia prostatica benigna o patologie andrologiche) dovrebbero essere affrontate in reparti dedicati, svincolando i reparti cosiddetti maggiori da una ulteriore incombenza. Un progetto in tal senso nell’ospedale dove presto servizio è presentato, ma in attesa di una approvazione definitiva.