I pazienti sottoposti a prostatectomia radicale in laparoscopia o a cielo aperto possono aspettarsi simili esiti funzionali. È quanto sostengono ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston che hanno studiato 102 soggetti operati con approccio aperto e 104 con chirurgia mininvasiva.
La sintomatologia non è risultata sostanzialmente differente tra i due gruppi in qualunque momento dei 12 mesi di follow-up. In particolare non si è registrata alcuna differenza circa il ritorno alla continenza basale dopo 6 e 12 mesi, alla funzione erettile di partenza senza un inibitore della Pde-5 a 12 mesi o a una completa funzionalità fisica dopo 6 mesi. Passando ai rischi di complicanze, sebbene modesto in entrambi i gruppi, è apparso significativamente maggiore con la laparoscopia, con un tasso leggermente superiore di ematuria e formazione di linfoceli.
The Journal of urology, 2009; 182:956-966.
Nota personale: l’articolo suggerisce che la laparoscopia rappresenta certamente la scelta migliore nei pazienti obesi o in evidente sovrappeso, in quelli che hanno avuto pregressi interventi chirurgici o traumatismi della pelvi.
Aggiungerei che l’approccio laparoscopico rappresenta una via di accesso che NON DEVE modificare quello che si realizza in chirurgia open (a cielo aperto) in termini di asportazione completa del tumore e che DEVE essere eseguito in centri che realizzano tale tecnica in tempi standard compresi tra le due e le tre ore. Uno stress operatorio di oltre sei o più ore di intervento o peggio l’aportazione non completa del tumore rappresentano una malpractice non più condivisibile.