L’aggiunta della terapia ormonale alla radioterapia per i tumori prostatici localmente avanzati riduce le recidive della malattia e prolunga la sopravvivenza del paziente, senza alcun incremento della tossicità.

La combinazione di queste terapie riduce il rischio di fallimento biochimico del 24 percento, e migliora la sopravvivenza libera da progressione clinica della malattia del 19 percento, mentre la sopravvivenza tumore-specifica e quella complessiva ne risultano migliorate rispettivamente del 24 e del 14 percento. La terapia ormonale inoltre riduce il rischio di recidiva locale ed a distanza rispettivamente del 36 e del 28 percento. Rimangono da identificare i pazienti che trarrebbero i maggiori benefici da questa strategia e la durata ottimale del trattamento: i profili genetici e molecolari potrebbero aiutare in questo senso. (Cancer 2009; 115: 3446-56)

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E’ da circa tre anni che, personalmente, nelle indicazioni alla radioterapia per tumore prostatico prescrivo, durante il ciclo di radioterapia, in associazione, i farmaci della terapia ormonale (antiandrogeni e analoghi LHRH). Altri studi avevano documentato una migliore risposta sull’assorbimento delle radiazioni e contestualmente un miglioramento della sopravvivenza. Questo studio conferma, su numeri maggiori, la bontà di tale assunto. E’ ovvio che, alla fine del ciclo di radioterapia, bisogna sospendere la terapia ormonale e verificare col PSA la risposta terapeutica e modularla singolarmente per ogni paziente. Tale compito è prettamente dell’urologo e non, come oggi spesso accade, del radioterapista cui viene inviato il paziente per il ciclo suggerito.