Secondo quanto risulta da un’inchiesta del mensile Focus, in edicola, la diagnosi precoce non serve, numeri alla mano. A 50 anni, infatti, piu’ del 35% dei maschi ha un tumore della prostata e a 80 anni la percentuale sale addirittura al 70%. Cio’ significa che la stragrande maggioranza degli uomini morira’ “con” il cancro alla prostata, e non a causa del tumore.
Non solo, ma lo studio europeo dell’Erspc, European Randomised study of screening for Prostate Cancer, ha calcolato che su 1.000 uomini (cinquantenni sani e senza sintomi) sottoposti al test Psa per la diagnosi precoce, si salvera’ la vita solo una persona. Su 1.000 uomini, solo 150 risulteranno avere valori elevati e di questi, 130 saranno negativi al tumore e soltanto a 20 sara’ diagnosticato il tumore. Di questi 20 tumori, 10 sono “indolenti”, ovvero non si evolvono e non hanno conseguenze e pertanto diagnosticarli e’ stato inutile. Degli altri 10 tumori diagnosticati, 6 manifesterebbero comunque i sintomi e pertanto sarebbero intercettati e guariti e i 4 restanti sarebbero comunque mortali, anche se diagnosticati precocemente.
Non a caso, l’American Cancer Society ha dichiarato che con il test e’ 50 volte piu’ probabile rovinarsi la vita che salvarla. La prevenzione piu’ efficace contro il tumore alla prostata sarebbe in realta’ il preservativo dal momento che i casi piu’ maligni di cancro alla prostata infatti contengono il “gamma-retrovirus” Xmrv, trasmissibile per via sessuale.
Nota personale: nulla di nuovo in fondo! Chi mi segue sul sito avrà letto tanti ulteriori miei interventi a riguardo. Il vero problema nella medicina di oggi sono le corrette indicazioni: viene davvero indicato un intervento perchè necessario a migliorare prognosi e qualità della vita del paziente o è un puro fine di lucro? Lucro di “produttività” perchè oggi si deve fare numero di interventi negli ospedali, lucro di denaro nelle case di cura accreditate dove i medici e i proprietari lavorano a percentuale del DRG (rimborso a prestazione). …come detto nulla di nuovo!